Il Welfare nel Biellese. Assistenza, servizi e solidarietà dal Medioevo al XX secolo
- Il Welfare nel Biellese. Assistenza, servizi e solidarietà dal Medioevo al XX secolo
- Il welfare a Sordevolo
- Ambrosetti e Vercellone, benefattori sordevolesi
- Dal 1883 i Vercellone assicurano per gli infortuni sul lavoro
- Una sottoscrizione per le vittime di un incendio
- I libretti di risparmio postale agli operai di Sordevolo
- Serafino Vercellone e il sostegno alla Scuola Professionale
- I Vercellone e le SOMS di Sordevolo
- Il welfare a Sordevolo
- I documenti del welfare negli archivi del DocBi
- La Cooperativa di Trivero Fila e Giardino
- Filantropia ad ampio raggio dell’Unione Industriale Biellese
- Una biblioteca e una scuola professionale: il welfare secondo i Giletti di Ponzone
- Manifattura Lane di Borgosesia: l’assistenza ai lavoratori
- L’Ospizio degli Esposti di Biella: un archivio di solidarietà all’infanzia
- Welfare a Coggiola: il caso del Lanificio Fila
- Il Santuario di Oropa: accoglienza e beneficenza
- La filantropia di Alfonso La Marmora
- Maria Luisa Ferrero della Marmora e le artiere del Piazzo
- Camera del Lavoro di Biella: welfare non solo nel Biellese
- La FAO, il riso e la Camera di Commercio di Vercelli
- Welfare culturale: la Biblioteca Civica di Biella secondo Quintino Sella
- La Scuola Statale di Avviamento Professionale di Trivero: un esempio di welfare “misto”
A ridosso della nascita della Cassa nazionale di assicurazione per gli infortuni sul lavoro degli operai, il Lanificio Giovanni Battista Vercellone e Figli si adeguava immediatamente alla nuova normativa che prospettava agli imprenditori una adesione volontaria all’assicurazione dei propri dipendenti con tariffe premio piuttosto vantaggiose.
Se fino ad allora le Società Operaie di Mutuo Soccorso avevano svolto un ruolo fondamentale nel sostegno dei lavoratori che erano stati vittime di incidenti sul lavoro e delle famiglie di coloro che sul lavoro erano deceduti, il dibattito all’inizio degli anni ‘80 dell’Ottocento sottolineava sempre più la necessità di tutelare operai e operaie all’interno di fabbriche in cui la prevenzione dei rischi era assai scarsa se non del tutto assente.
E’ infatti del 1883 la proposta che Assicurazioni Generali inviavano ai Vercellone per l’assicurazione collettiva contro gli infortuni degli operai impiegati nel lanificio.
La proposta è duplice: l’assicurazione collettiva semplice finalizzata a risarcire l’operaio, oppure l’assicurazione collettiva combinata comprensiva della responsabilità civile del datore di lavoro; nel primo caso il premio ammontava a 532,50 lire, mentre nel secondo saliva a 690 lire. Dalla proposta si apprende che i 250 operai percepivano una retribuzione complessiva di 150.000 lire all’anno e che ognuno di essi sarebbe stato assicurato per un valore pari a 800 volte la paga giornaliera.
Che i Vercellone avessero sottoscritto questa polizza non è certo, ma che si fossero preoccupati di aderire alla nuova legge è confermato dall’avviso di scadenza del 1892 direttamente dalla Cassa nazionale e si trattava di una adesione non scontata dal momento che l’assicurazione obbligatoria degli operai fu imposta nel 1898.
Nel 1933 la Cassa Nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro (CNAIL) divenne Istituto Nazionale Fascista per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro (INFAIL) e quindi nel 1943 Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro (INAIL).