Il Welfare nel Biellese. Assistenza, servizi e solidarietà dal Medioevo al XX secolo
- Il Welfare nel Biellese. Assistenza, servizi e solidarietà dal Medioevo al XX secolo
- Il welfare a Sordevolo
- Ambrosetti e Vercellone, benefattori sordevolesi
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- Serafino Vercellone e il sostegno alla Scuola Professionale
- I Vercellone e le SOMS di Sordevolo
- Il welfare a Sordevolo
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- Filantropia ad ampio raggio dell’Unione Industriale Biellese
- Una biblioteca e una scuola professionale: il welfare secondo i Giletti di Ponzone
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- L’Ospizio degli Esposti di Biella: un archivio di solidarietà all’infanzia
- Welfare a Coggiola: il caso del Lanificio Fila
- Il Santuario di Oropa: accoglienza e beneficenza
- La filantropia di Alfonso La Marmora
- Maria Luisa Ferrero della Marmora e le artiere del Piazzo
- Camera del Lavoro di Biella: welfare non solo nel Biellese
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- Welfare culturale: la Biblioteca Civica di Biella secondo Quintino Sella
- La Scuola Statale di Avviamento Professionale di Trivero: un esempio di welfare “misto”
L’opera pia Fondazione La Marmora rappresenta il più importante gesto filantropico del generale Alfonso La Marmora, l’iniziativa socio-assistenziale di maggiore portata soprattutto perché nata per durare nel tempo e perché finalizzata alla beneficienza rivolta a uno specifico settore della società. La Fondazione La Marmora, istituita l’8 dicembre 1877 ed eretta in corpo morale col regio decreto del 3 marzo 1878, per statuto doveva occuparsi “degli Operai ed Artieri poveri del Comune di Biella e del suo Circondario vittime del lavoro”. Queste ultime tre parole identificano un ambito particolare che assume particolare valenza nel contesto sociale di Biella e del Biellese di fine Ottocento caratterizzato dall’ormai affermata attività produttiva industriale specialmente tessile. L’assistenza ai lavoratori temporaneamente inabili al lavoro perché infortunati o ai loro congiunti in caso di invalidità permanente o di decesso era uno dei compiti assunti dalle società di mutuo soccorso, ma il numero delle vittime era sicuramente troppo alto perché l’impegno dei sodalizi operai potesse farvi efficacemente fronte e, in ogni caso, non poteva riguardare coloro che non erano iscritti a dette società di mutuo soccorso (anche perché non in tutte le comunità biellesi erano state istituite).
Queste ultime parole, società di mutuo soccorso, identificano un ambito particolare che assume peculiare valenza nel contesto sociale di Biella e del Biellese di fine Ottocento, caratterizzato dall’ormai affermata attività produttiva industriale specialmente tessile. L’assistenza ai lavoratori temporaneamente inabili al lavoro perché infortunati o ai loro congiunti in caso di invalidità permanente o di decesso era uno dei compiti assunti dalle società di mutuo soccorso, ma il numero delle vittime era sicuramente troppo alto perché l’impegno dei sodalizi operai potesse farvi efficacemente fronte e, in ogni caso, non poteva riguardare coloro che non erano iscritti a dette società di mutuo soccorso (anche perché non in tutte le comunità biellesi erano state istituite). L’intento di Alfonso La Marmora andava perciò a cercare di colmare una grave lacuna che le pubbliche istituzioni di allora non erano né particolarmente interessate né oggettivamente in condizione di affrontare.
Fin dalla tarda estate del 1877, il generale aveva disposto una donazione di 2.000 lire a favore della Congregazione di Carità di Biella in modo che detta somma fosse utilizzata per soccorrere i lavoratori poveri colpiti da incidenti cagionati dalla loro attività. Nell’autunno dello stesso anno il Comune di Biella ricevette altre 10.000 lire devolute per incrementare l’azione assistenziale già individuata con l’elargizione dei mesi precedenti. La rendita al 5% del capitale versato avrebbe avuto due destinazioni distinte: 5.000 lire avrebbero consentito all’Amministrazione Comunale di beneficare direttamente e una tantum gli operai e gli artigiani biellesi secondo criteri di ripartizione territoriali a discrezione degli stessi amministratori cittadini. La restante metà della donazione doveva sommarsi a quella già fatta alla Congregazione di Carità in modo da costituire un fondo di 7.000 lire i cui interessi annui avrebbero permesso di aiutare gli infortunati o i parenti dei lavoratori resi inabili o defunti. Nacque così la Fondazione La Marmora che, soggetta alla giurisdizione amministrativa del Comune di Biella e, nello specifico, della Congregazione di Carità, poté operare per decenni sebbene nell’alveo della stessa congregazione poi trasformatasi nel locale Ente Comunale di Assistenza (che cessò formalmente la sua attività negli anni Cinquanta).