Il Welfare nel Biellese. Assistenza, servizi e solidarietà dal Medioevo al XX secolo
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- Il welfare a Sordevolo
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L’Unione Industriale Biellese, sorta con l’intento di rappresentare le imprese industriali del nostro territorio, nei suoi 160 anni di vita ha portato avanti un ruolo di rappresentanza e di sostegno ben esplicato dalla documentazione del suo archivio, in parte confluito al Centro di Documentazione dell’Industria Tessile tramite donazione al DocBi Centro Studi Biellesi nel 2022.
Tra i tanti servizi offerti dall’associazione alle ditte, non esigue sono state (e sono) le attività rientranti nella sfera del welfare, affiorate a seguito di una ricerca nel Fondo la quale, per questioni di brevità, non vuole essere esaustiva, ma che si propone come ideale volano per futuri approfondimenti. Tra le maggiori iniziative svolte dall’UIB a supporto del Biellese, i fascicoli dedicati alla disastrosa alluvione del 2 novembre 1968 contengono una miniera di informazioni sulla frenetica operosità e sulle molteplici risorse con cui l’associazione affrontò il terribile disastro, in primis l’assistenza alle ditte colpite.
Circolari informative su come richiedere contributi e sgravi fiscali, immediato mobilitarsi per ottenere dallo Stato i primi e urgenti provvedimenti assistenziali a favore delle zone colpite e dei capifamiglia disastrati, raccolta di studi per piani di ricostruzione per la riedificazione o il trasferimento dei fabbricati, nomine di uffici tecnici… La documentazione nasconde una corsa alla solidarietà e all’aiuto intrapresa necessariamente già nei giorni appena successivi alla notte procellosa.
È del 5 novembre 1968 un verbale di una riunione tenutasi presso la sede biellese dell’UIB, quando l’Unione si impegnava ad aprire una sottoscrizione mettendo a disposizione presso le Banche di Valle Mosso la cifra di 25 milioni di lire, cui le aziende associate erano invitate a contribuire nella misura indicativa di 5000 lire a dipendente; tante sono state inoltre le raccolte fondi testimoniate da invii di soldi da privati, da messe a disposizione di macchinari e forza lavoro a titolo gratuito da aziende non colpite dal disastro, da manifestazioni di solidarietà e di aiuto pecuniario da parte di associazioni consorelle e di enti e sindacati vari.
Di caratteristica rilevanza risulta la raccolta delle balle danneggiate organizzata dall’Unione Industriale Biellese, nel tentativo di salvare il salvabile sommerso dalla marea di acqua e di fango: un volantino del 10 novembre avvisava la popolazione che «la Unione Industriale Biellese verserà a tutti coloro che recupereranno materie tessili in balle, nelle zone alluvionate, un premio di lire 5.000 per balla»; il materiale raccolto doveva essere segnalato tempestivamente all’Unione o al Municipio competente della zona del ritrovamento, per poi essere tenuto in custodia sino all’arrivo degli incaricati della raccolta. Una circolare UIB alle aziende industriali del Biellese ci informa che suddetto materiale raccolto, quando non restituito ai proprietari ove fosse stato possibile, fu in seguito oggetto di un’asta pubblica tenutasi a Vercelli il 25 settembre 1969, presso i Magazzini Generali Alta Italia, durante la quale fu possibile acquistare la lana ricondizionata e il cui netto fu destinato interamente al “Fondo di Solidarietà” istituito a suo tempo dall’Unione nel novembre 1968.
“Fondo di solidarietà” che, nell’aprile del 1971, arrivò ad ammontare a lire 40.248.533, come da comunicazione dell’ingegner Giorgio Frignani a Paolo Negri, presidente dell’Associazione Industriale Vallestrona, lettera in cui altresì si compiange la prematura scomparsa di Alberto Botto Poala, presidente dell’UIB in carica dal 1967 al 1970. Proprio a quest’ultimo e all’Unione sono indirizzate le parole di encomio del prefetto Giuseppe Migliore, Direttore Generale della Protezione Civile, «per la pronta ed efficiente collaborazione» e per «l’apporto validissimo» (Roma, 22 novembre 1968); a tali ringraziamenti, Botto Poala replica col rinnovare la gratitudine per il decisivo aiuto apportato dalla Protezione Civile, sottolineando come sia «nell’ora del dolore, quando i lutti e le rovine sembrano prevalere su ogni umana possibilità e capacità di resistenza, che maggiormente si ha bisogno dell’incoraggiamento e dell’aiuto fraterno di altri esseri umani» (Biella, 14 dicembre 1968). A chiosa della missiva, un accenno al sentimento comune dei biellesi all’indomani dell’alluvione, tuttora viva nella memoria collettiva:
«La assicuro che questa collettività, sull’esempio e sull’ammaestramento al lavoro ed al sacrificio delle generazioni passate, si adoprerà con la più ferma volontà affinché al più presto rinascano a nuova vita le sue industrie, fonti di quel benessere collettivo e di quella produttività che tanta fama le aveva procurato non solo in Italia ma nel mondo intero. I biellesi sono orgogliosi del loro lavoro ed alla ripresa di questo lavoro sono tesi ed al massimo già impegnati. Chiedono per la prima volta alla collettività italiana, al cui benessere hanno sempre contribuito, aiuti tempestivi ed efficaci nella certezza che questi aiuti non saranno dati invano perché la totale ripresa della produzione laniera biellese non mancherà di apportare, come per il passato, apprezzabili benefici nel nostro Paese».
Se l’alluvione del 1968 comportò un dispiegamento di risorse e di aiuti eccezionale e limitato nel tempo, anche in altri campi l’Unione Industriale Biellese (come le primeve e varie sezioni locali) dimostrò un continuo sguardo e attenzione per le categorie più svantaggiate, siano esse lavoratrici madri o disoccupati, con iniziative volte a promuovere l’istruzione e l’occupazione in vista di un maggior benessere collettivo.
Per quanto riguarda l’occupazione, molte carte raccontano della difficile situazione degli invalidi di guerra, degli ex partigiani e dei reduci ex internati, alla cui occupazione lavorativa provvedevano l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia e l’Opera Nazionale per gli Invalidi di Guerra, costanti nella loro opera di protezione del diritto al lavoro dei loro tutelati, sancito per legge; in particolare, per la zona industriale della Valsessera, Ponzone e Trivero rimane traccia della cerca di posti di lavoro adatti portata avanti dalla sezione di quelle zone della Camera dell’Industria Biellese.
Risale al biennio 1931-1932 un fascicolo, afferente al subfondo dell’Unione Industriale di Ponzone-Trivero, dedicato all’assistenza agli operai disoccupati gestita dal Comitato sezionale di Coggiola per l’Assistenza agli Operai dell’Industria Disoccupati; i sussidi arrivavano anche a persone bisognose di altri paesi limitrofi a Coggiola (Ailoche, Caprile, Crevacuore, Coggiola, Guardabosone, Portula, Postua, Pray, Sostegno). Giornalmente, pane e latte, settimanalmente, pasta, riso, lardo, estratto di pomodoro, farina gialla-che sia di buona qualità! e fagioli, mensilmente scorte di legna: un quaderno, con i nomi dei sussidiati, testimonia cosa fosse ritenuto necessario per sopravvivere.
Non solo con sussidi, la disoccupazione si combatte anche con una maggiore istruzione, da sempre non solo trampolino per maggiori possibilità lavorative, ma anche fonte di arricchimento personale. Datata 1955-2006, la documentazione riguardante i corsi di formazione promossi dall’Unione Industriale Biellese denota una grande cura nel promuovere l’istruzione, con l’organizzazione di corsi gratuiti di insegnamento complementare per apprendisti, organizzati per qualifiche professionali omogenee, obbligatori per chi non abbia conseguito adeguato titolo di studio (i.e. Licenza di Istituto Professionale o di Scuola Tecnica). L’incarico era stato conferito dalla Regione Piemonte, ex Legge 19 gennaio 1955, n. 25, rinnovato poi di anno in anno. Oltre al pagamento degli insegnanti, l’Unione si faceva carico anche della fornitura agli studenti di cancelleria varia (album da disegno, quaderni, matite Faber, presbiterine, compassi, righe, squadrette ecc.) e dei manuali di testo, alcuni specifici per i vari corsi (tra gli altri filatori, tessitori, maglieriste, meccanici, tornitori/fresatori, rammendatrici, parrucchieri) e altri validi per tutti, come quelli di cultura generale, educazione civica, aritmetica e geometria. Tra i manuali generici, ci occorre segnalarne uno in particolare, acquistato più volte negli anni Settanta e dal titolo suggestivo: Verso il lavoro verso la vita, di Giuseppe Raimondi, pubblicato dalle Edizioni Studio e Lavoro.
L’attività di solidarietà e di aiuto si esplica anche in tutta una serie di iniziative eterogenee ben documentate dall’Archivio, forte di una consistente porzione dedicata all’UIB Sezione Ponzone-Trivero-Pratrivero che riserva qualche sorpresa: dalla funzione di deposito di materiali della Colonia alpina “Ermenegildo Zegna” al Margosio (gli inventari descrittivi risalgono agli anni 1953, 1958 e 1962, e offrono uno spaccato quasi scenico delle stanze della colonia, nella loro minuziosità nell’elencare l’arredamento: coltelli sbucciapatate, tazzine da caffè infrangibili, colini per camomilla, tortiere, coltelli da formaggio, portafrutta, guide telefoniche, statue di Santa Rita e di Santa Caterina ecc.), alla riscossione di quote annuali presso le ditte industriali di Ponzone e di Pratrivero da destinarsi al Comitato comunale di Trivero e di Portula per la lotta contro la poliomielite, alla sovvenzione del Consultorio pediatrico dell’Opera Nazionale per la Protezione della Maternità e dell’Infanzia sito in Ponzone negli anni Cinquanta.
Molte sono inoltre le fotografie che ci restituiscono visivamente attività ed enti in cui era, o non era, coinvolta a vario titolo l’Unione Industriale: immagini scattate durante i corsi di addestramento, l’arrivo dei regali della Befana portati ai bimbi ricoverati in ospedale nel 1966, interni ed esterni del Convitto Civico di Biella nel 1937, scatti delle case di riposo “Mary Zegna” di Trivero ed “Emilio Reda” di Valle Mosso, nonché degli asili nido “Oreste Giletti” di Ponzone e di quello di Valle Mosso, per finire con la Colonia alpina “Monte Rubello”.