Il Welfare nel Biellese. Assistenza, servizi e solidarietà dal Medioevo al XX secolo
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- Il welfare a Sordevolo
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- Welfare culturale: la Biblioteca Civica di Biella secondo Quintino Sella
- La Scuola Statale di Avviamento Professionale di Trivero: un esempio di welfare “misto”
«Il principio fondamentale della società è l’unione e la fratellanza. Lo scopo della medesima è di giovare all’economia domestica mediante l’esercizio di una azienda la quale provvede più direttamente possibile, i generi di alimento, di vestiario o d’altro, e li distribuisce ai consumatori soci, nell’interesse dei quali assume anche altri servizi affini compensando equamente capitale e lavoro e convertendo in risparmio a favore dei consumatori l’eventuale risultanza netta dei bilanci.
Sono pure compresi negli scopi della società:
1. aiutare con rispettivi sussidi stabiliti dalla assemblea generale, i soci bisognosi o colpiti da sventure;
2. concorrere nella istituzione e nel funzionamento di opere di beneficenza e di pubblica utilità;
3. favorire moralmente e materialmente l’istruzione e la scuola, nonchè le istituzioni di difesa, di miglioramento e di assistenza, in favore alla classe lavoratrice».
L’Unione cooperativa di Trivero Fila e Giardino si racconta così al secondo articolo dello statuto nel primo dicembre 1913. Dando di sé un’immagine di una cooperativa di consumo lontana da significati unicamente economici, ma anche moralmente attiva all’interno della comunità. Felicemente questa non sembra rimanere una storia raccontata dallo statuto, ma appare confermata e ribadita da lettere, fatture, schede statistiche, atti notarili e documenti di altra natura. Come, per esempio, per alcune lettere del 1926 che ci suggeriscono l’intenzione di voler fare una donazione di 25 mila lire all’Ospedale degli Infermi di Biella. Oppure le fatture del 1934 per i lavori di riparazione del tetto dell’oratorio di San Rocco della frazione Fila. Queste non sono le uniche attività di beneficenza, ma se ne evincono molte altre anche se non sempre in maniera chiara, da una donazione agli alpini del 1943 riguardo a cui non si evince molto altro, a semplici e nudi numeri in alcune schede statistiche come risposta alle domande sulla beneficenza. Ma forse, fra tutti i documenti che ci tramandano i valori della cooperativa, quello più interessante potrebbe essere un atto notarile del 1940 che avrebbe obbligato tutti gli azionisti a partecipare ai funerali di chiunque fra di loro fosse venuto a mancare, minacciando sanzioni.
La storia della cooperativa non parte, però, nel 1913 con lo statuto bensì, come ci informa un documento molto più recente, il suo inizio si colloca di fatto nell’agosto del 1878. Subito non sembra presentarsi come una società ben definita e costituita, sia per la più scarsa presenza di documenti, sia per il fatto che le fatture e le lettere di ordinazione delle merci non vengono compilate in nome di una qualche attività, ma in nome di persone precise molto sicuramente appartenenti alle frazioni in questione. Il primo documento che invece di un nome utilizza una generica dicitura di “cooperativa” con locazione “Fila” risale al 1903. Da quell’anno fino agli anni dello statuto invece verrà utilizzata una titolatura non sempre uniforme di “Società vinaria Fila”, che in maniera coerente nelle fatture e nelle ordinazioni sembra interessarsi unicamente di bevande alcoliche e affine.
Dal 1911 i documenti incominciano a suggerirci un cambiamento, sia a livello di “titolo” (ragione sociale), dove viene abbandonata pian piano la definizione di “vinaria”, sia perché si inizia a citare anche la frazione di Giardino oltre a quella di Fila. La quale cosa ci avverte silenziosamente di non dare sempre per scontato il legame fra le due frazioni che come in un caso più avanti nel tempo non sembra essere stato sempre così roseo. Questo cambiamento lo si può far culminare proprio negli anni dello statuto, infatti oltre alla stesura di esso, documenti come fatture, ordinazioni e lettere ci parlano da un lato di come i beni acquistati varino al di fuori delle bevande alcoliche e dall’altro della realizzazione di una “casa sociale” e poi di un forno.
Per quanto riguarda gli anni ‘20 una certa carenza di documenti non offre molto altro, al di fuori della citata donazione a favore dell’Ospedale degli Infermi di Biella nel 1926. Gli anni ’30, viceversa, risultano carichi di informazioni grazie a molte lettere, comunicazioni e documenti di altra natura che vengo inviati alla cooperativa dalle istituzioni fasciste. Questi ci ragguagliano su varie situazioni curiose, come una gita a Roma per vedere il “Museo della Rivoluzione Fascista” organizzata per le cooperative della zona dalle istituzioni statali. Oppure una lettera che, in breve, chiedeva quali soci della cooperativa e qualora per quali ragioni essi non si fossero iscritti al Partito Nazionale Fascista. L’evento più importante di questo periodo, però, avviene il 28 ottobre del 1937, anche se non si capisce bene cosa accada. Infatti, questa data (corrispondente alla ricorrenza della “Marcia su Roma” del 1922) verrà indicata nella maggior parte dei documenti successivi come data di fondazione della cooperativa, utilizzando anche la nuova titolatura di “Società anonima cooperativa di consumo – Trivero Fila e Giardino”. A tale titolatura fu aggiunto il qualificativo “fascista”, almeno per il quadriennio 1937-1940, anno in cui la Legge n. 331 del 23 marzo 1940 ne vietò l’utilizzo al di fuori di casi particolari.
Il secondo Dopoguerra, come sarà anche per il periodo successivo, inizia a essere sempre più povero di lettere, cioè meno generoso di informazioni utili sulla storia della cooperativa. Parallelamente, però, i documenti economici come bolle, bollette, fatture o le schede da compilare per esempio per l’INPS non diminuiscono, anzi diventano sempre più numerose. Detto ciò, dalle ultime lettere e dai documenti notarili veniamo a sapere che, tra il 1952 e il 1956, i rapporti tra le due frazioni appaiono tesi, soprattutto all’interno della cooperativa. Culminando addirittura con una espulsione dalla cooperativa e successivamente reintegrazione di tutti i 15 soci appartenenti alla frazione di Giardino. Bisogna, infatti, notare che da sempre la società era dominata dagli abitanti della frazione Fila.
Il periodo che va dal 1960 circa fino al 1987 rappresenta l’ultima fase della storia della cooperativa. Gradualmente alcune attività della cooperativa vengono chiuse o cedute, come il molino della frazione Fila che nel 1967 cessa il suo esercizio. Il 1970, invece, è l’anno in cui si registra l’associazione alla COOP Italia ma non sembra cambiare molto quella che appare come una lenta “agonia”. Quattro anni più tardi fu ceduto lo spaccio di alimentari al dipendente in precedenza assunto per la gestione. Infine, tra gli ultimissimi documenti troviamo un contratto d’affitto della durata di sei anni stipulato nel 1985 per il bar-trattoria della frazione. Il contratto non è l’unico del suo genere, ma ha un paio di precedenti nel periodo in questione.
Come data di fine della cooperativa si può indicare l’anno 1987, non per la presenza di un documento dell’anno in questione che ci indichi propriamente che accadde così, ma perché viene indicata come disposizione statutaria in schede statistiche di poco successive alla presumibile rifondazione del 1937. Suggerendoci così un termine naturale della cooperativa dovuto ad un’assenza di rinnovo dello statuto. In una conclusione della sua storia che assomiglia molto al suo inizio, che con i documenti da noi raccolti non si può altro che fermarsi a speculare, rimanendo non del tutto soddisfatti.