Il Welfare nel Biellese. Assistenza, servizi e solidarietà dal Medioevo al XX secolo
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Dalla Camera di Commercio di Vercelli deriva quella di Biella, nata all’inizio del 1993 a seguito della (ri)costituzione della Provincia di Biella nel 1992. Oggi l’organismo camerale è di nuovo un tutt’uno, sotto la denominazione di Camera di Commercio Monte Rosa Laghi Alto Piemonte. Ma già per un ampio periodo di tempo, cioè dal 1927 (epoca di costituzione della Provincia di Vercelli, di cui anche il Biellese faceva parte), la Camera di Commercio era stata una sola.
Nel 1983, quindi, anche ciò che accadeva a Vercelli era “biellese” (e viceversa). Ecco perchè questa storia, ormai lontana più di quarant’anni, trova spazio in questo portale. L’occasione dell’attività di welfare è, inoltre, propizia perché consente di evidenziare come l’allora Camera di Commercio di Vercelli fosse attenta ai problemi dello “stato sociale” e, come si vede qui di seguito, non soltanto a quelli del territorio di propria competenza.
Un piccolo servizio fotografico, conservato nell’archivio camerale e pubblicato sul questo portale (acquisizione digitale e catalogazione a cura del DocBi Centro Studi Biellesi), racconta quell’avvenimento.
Il 14 marzo 1983, la Provincia di Vercelli, per tramite della sua Camera di Commercio, si affacciava sul palcoscenico mondiale ospitando la 26a Sessione del Gruppo Intergovernativo sul riso della FAO.
Fu il presidente camerale, dott. Marcello Biginelli, ad aprire i lavori alla presenza del Ministro dell’Agricoltura, Calogero Mannino. La cronaca dell’evento dal pezzo firmato da Walter Nasi su “L’Eusebiano” di quel giorno: “Dagli interventi, previsti nel corso della cerimonia inaugurale, è balzato alla ribalta l’imperativo di contribuire, attraverso la integrazione degli interessi fra Paesi diversi per mentalità e per struttura sociale, alla ricerca della pace e della tolleranza nel mondo quale presupposto per il soddisfacimento dei bisogni alimentari secondo l’indirizzo della stessa FAO di «assicurare pane a tutti» («Fiat panis»)“.
Il convegno vercellese si poneva quel nobile obbiettivo, ribadito dall’on. Renzo Franzo (1914-2018) in qualità di presidente dell’Ente Risi (ente organizzatore con la locale Camera di Commercio), e dall’indiano Bhupendra Padmasinh Dutia (1927-2013), rappresentante del direttore generale FAO, il libanese Edouard Saouma (1926-2012).
Il ruolo del Vercellese e della parte risicola del Biellese era strategico. Scriveva Walter Nasi che “tutti gli interventi hanno sottolineato l’importanza del riso per l’alimentazione di larghe masse di popolazione. Il riso rappresenta, infatti, nell’immediato e nel futuro prossimo, il prodotto più idoneo a coprire il fabbisogno mondiale. Ma ci sono indubbiamente dei grossi problemi contrastanti fra i singoli Paesi in ordine alla produzione, alla commercializzazione, alle questioni valutarie“.
L’attualità del tema è piuttosto evidente. Le parole del Ministro Mannino e del presidente Biginelli risuonano nel presente, pur se pronunciate nel 1983. Il titolare del ministero di via XX Settembre formulò l’auspicio che l’incontro di Vercelli, giustamente riconosciuta capitale europea del riso, non solo potesse costituire un impegno tecnico, ma che potesse rappresentare una svolta che potesse sventare la minaccia di una guerra commerciale fra Stati Uniti ed Europa. I problemi concorrenziali, mettevano, purtroppo, in difficoltà i paesi in via di sviluppo. Biginelli, invece, sottolineò in proposito che “i drammi e le contraddizioni della nostra epoca non si risolvono né con la demagogia né con i miracoli: solo la tolleranza, la solidarietà ed il lavoro in comune potranno far cessare il circolo vizioso — sottosviluppo-fame — di cui è prigioniera larga parte dell’umanità“.
Il concetto alla base del contributo italiano al problema drammatico del soddisfacimento dei bisogni alimentari fu ribadito dallo stesso ministro Mannino. “Il livello di collaborazione — ha dichiarato — non va rafforzato solo attraverso gli aiuti alimentari, necessari nell’emergenza, ma mediante azioni che concorrano alla preparazione dei tecnici ed alla ricerca“, prosegue il cronista de “L’Eusebiano”. L’on. Franzo, come era nella logica, mise in risalto quanto l’Ente Risi aveva fatto in molti lustri a favore della ricerca, della sperimentazione e dell’assistenza tecnica. Il welfare si poteva attuare anche così, ad ampio raggio, su un orizzonte internazionale, ossia mondiale.
Franzo continuò affermando che “tutta una serie di attività era stata messa in atto da parte sia agricola che industriale per dare un volto più moderno alla coltura del riso e per perseguire, oltre alla diminuzione della fatica dell’uomo, anche l’obiettivo di un costante allineamento con il progresso tecnologico“. Si trattava, quindi, di uno knowhow potenzialmente esportabile tanto quanto il riso stesso. Il Ministro dell’Agricoltura sostenne che si era arrivati a una “sufficiente stabilizzazione della produzione e della commercializzazione del riso“, una situazione che aveva “permesso di trovare, anche grazie ad una regolamentazione comunitaria, delle prospettive efficienti“. Il tutto con l’affinamento degli strumenti tecnici e la formazione della professionalità necessaria.
Mr. Dutia, in nome della FAO, concludendo la serie de gli interventi, rimarcò, soprattutto, gli obiettivi dei lavori della 26a Sessione del Gruppo Intergovernativo FAO. “Il Gruppo rivedrà le politiche di alcuni Paesi dell’Africa Occidentale, del Sud Est Asiatico, dell’America Latina ed i cambiamenti fatti in questa politica in base al mutamento delle condizioni nazionali ed inter nazionali“. Non era chiaro in cosa sarebbero consistite quelle revisioni, forse si sarebbe trattato di riallineare i prezzi del riso, troppo concorrenziali per quelli italiani. In effetti, il panorama non era così idilliaco, anche in ambito europeo. Il Ministro Mannino partiva per Bruxelles, ove era in corso il consiglio dei ministri dell’Agricoltura della CEE, per la strenua difesa dell’agricoltura italiana, precisando, in particolare, per quanto riguarda il riso che “la politica attuale va bene e va mantenuta, meglio se migliorata“.
I lavori veri e propri della riunione si svolsero a porte chiuse, ma alcuni elementi fondamentali erano noti già prima dell’inizio della discussione. I nodi da sciogliere erano quelli della solidarietà internazionale a fronte della tutela delle risorse dei rispettivi paesi. Il welfare poteva avere costi insostenibili. Ancora le parole di Walter Nasi su “L’Eusebiano” del 17 marzo. “Alla Camera di Commercio di Vercelli, sono emersi i problemi politici per un maggior equilibrio del mercato del riso senza peraltro perdere di vista l’obiettivo primario di perseguire la copertura del fabbisogno alimentare per quei Paesi con meno possibilità rispetto ad altri. Come era nella logica sono emersi i contrasti già nell’aria all’inizio dei lavori soprattutto fra Paesi produttori ricchi e quelli emergenti. Nel corso dei lavori grande spazio è stato riservato ai prezzi del riso in preoccupante calo sul piano internazionale“. Su questo punto si espresse anche Mr. Diuta: “i prezzi bassi hanno portato senza dubbio, sollievo in Paesi importatori, ma è necessario una difesa dal calo poiché il medesimo può causare l’abbassamento del reddito degli agricoltori e la riduzione degli incentivi di produzione. In caso contrario, esiste un preciso pericolo di tagli estesi negli investimenti e una produzione minore, in futuro“. E un divario economico tale da compromettere la competitività di un paese, l’Italia, che nel riso aveva un primato almeno a livello continentale. Welfare e geopolitica allo stesso tavolo, con dimensioni che non erano quelle della beneficenza e della filantropia da piccolo villaggio.
Altra visione del welfare globale era quella che, più che all’assistenzialismo, puntava alla formazione. L’Ente Nazionale Risi, negli auspici del suo presidente, on. Franzo, privilegiava gli interventi che, oltre alla diminuzione della fatica dell’uomo, portavano anche all’obiettivo di un costante allineamento con il progresso tecnologico. Progresso tecnologico destinato anche ai paesi emergenti che, se fatti emergere adeguatamente, potevano diventare non solo competitor, ma anche proficui mercati. “Molti sono stati dell’avviso di stringere maggiormente i rapporti di collaborazione, come ha sotto lineato — a Video Vercelli — anche Orazio Garandang dell’Ambasciata filippina con un proverbio cinese: «Anziché dare il pesce a coloro che hanno fame, è meglio insegnare loro a pescare». Meno aiuti alimentari quindi, ma maggiore preparazione dei tecnici nell’ambito di Paesi più avanzati come l’Italia“.
I partecipanti alla riunione ebbero modo di visitare i silos dell’Ente Risi a Formigliana ed alle strutture della SAIAgricola di Veneria di Lignana (la tenuta in cui fu girato “Riso amaro” nel 1949), poi a quelle del Centro ricerche Ente Risi di Mortara, alla riseria Frugone & Preve di Robbio, alla stazione sperimentale per la risicoltura di Vercelli. Fiori all’occhiello dell’industria italiana risicola. Secondo Mr Diuta, in quelle realtà si produceva un riso di buona qualità, in uno dei climi più settentrionali per la coltivazione.
I numeri del 1983: “la risicoltura italiana, che è attuata da poco meno di nove aziende produttrici (trenta anni fa erano 24 mila – n.d.r.), si stende su circa 189 mila ettari ed è concentrata prevalentemente nella Val Padana. «Essa — ha aggiunto Franzo — può disporre di una rosa di varietà agronomiche valide, che permettono di soddisfare le più raffinate esigenze di ogni consumatore e che garantiscono medie unitarie dell’ordine di 5,50 tonnellate di paddy per ettaro (55 quintali di riso ne per ettaro – n.d.r.)»“.
Parteciparono ai lavori della Sessione del Gruppo Intergovernativo sessanta fra delegati e osservatori dei maggiori Paesi produttori o importatori di riso del mondo, quali Australia, Bangladesh, Brasile, Colombia, Congo, Repubblica Dominicana, Egitto, Francia, Gabon, Germania Federale, Indonesia, Italia, Costa d’Avorio, Giappone, Corea, Malaysia, Olanda, Filippine, Senegal, Sri Lanka, Suriname, Tailandia, Uganda, Regno Unito, Uruguay, Stati Uniti e Zambia nonché delegati della CEE, di agenzie dell’ONU e della organizzazione del Gruppo Intergovernativo. La presidenza dei lavori fu affidata all’on. Renzo Franzo il quale si avvalse della collaborazione dei vicepresidenti Abdul Wahid Jalil della Malaysia e Gustave Cabala della Costa d’Avorio.
Alla conclusione dei lavori, il presidente dell’Ente Nazionale Risi, richiamò l’attenzione sulle opportunità di creare una Fondazione sul riso, al disopra dello Stato e del parastato, con aiuti pubblici nazionali ed internazionali, sulla falsariga di quanto era stato fatto a Los Banos nelle Filippine.
Si chiudeva così la quattro giorni risicola mondiale di Vercelli. Il welfare del riso era un’opportunità da cogliere, ma lo scenario globale era difficile e in costante mutazione. L’importanza alimentare e sociale della risorsa rappresentata dal riso era evidente, anche per i non addetti ai lavori, ma gli ostacoli da superare restavano grandi. Dunque, politica dei piccoli passi. Il Gruppo Intergovernativo della FAO sul riso è tuttora operativo e già solo questo costituisce un risultato largamente positivo, con ricadute ancora più positive in termini di welfare sulle singole realtà locali in cui opera.